Laura Donadoni nasce a Bergamo, dopo una laurea e un PhD in Scienze della Comunicazione e il superamento a pieni voti dell’esame di idoneità a svolgere la professione di giornalista, fa della sua passione per il vino la sua professione.
La sua carriera comincia come giornalista enogastronomica, scrive per numerose e prestigiose riviste italiane quali Gambero Rosso, per poi diventare anchor woman radiofonica per reti radio locali e nazionali.
Ma non finisce qui. Laura e’ un sommelier certificato presso la North American Sommelier Association e la World Sommelier Association e Wset level 3 advanced sommelier; è uno dei pochi Vinitaly International Italian Wine Ambassadors, e’ anche un Wine Educator certificato e degustatrice di vino; e’ una conoscitrice certificata di vino italiano e spagnolo, giudice ufficiale per la San Francisco Chronicle Wine Competition, membro della Los Angeles Wine Writers Association e influencer ufficiale di Zipkick.
Si definisce “giornalista a cui piace raccontare il vino come se fosse una notizia di cronaca”, vive negli Stati Uniti da quasi cinque anni, prima a Los Angeles, ora a San Diego, ma la sua attività di promozione dei vini italiani e’ nazionale, in tutti gli Stati Uniti. E’ presidente e fondatrice della PR Company, ed attivissima nel suo blog The Italian Wine Girlhttps.
Laura racconti un po’ di piu’ di lei agli attenti lettori di Scelte di Gusto.
Quando mi chiedono quale sia la mia professione, faccio fatica a trovare una parola sola, ma sorrido.Questo dice molto: faccio un lavoro che mi fa sorridere, che amo e in cui trovo profonda soddisfazione. Il mio background e’ il giornalismo: mi sono occupata per anni di cronaca, politica, giudiziaria tra Milano e Bergamo (la mia citta’ natale). Poi, anche grazie ai sentieri tortuosi della mia vita, mi sono resa conto che avrei potuto impiegare le mie conoscenze di comunicazione e story telling ad un settore, quello del vino e del cibo, dove raramente incontro persone tristi o frustrate. Potevo raccontare belle notizie, insomma. Perche’ no? Il trasferimento negli Usa e’ stato provvidenziale: mi ha convinta ancora di piu’ della necessita’ di un approccio di comunicazione nuovo per le nostre eccellenze enogastronomiche italiane che, seppur apprezzatissime, hanno ancora bisogno di essere spinte e valorizzate.
Secondo le statistiche, gli americani bevono più vino italiano degli italiani stessi e secondo quanto riportato dall’Istituto Italiano del Vino e del Cibo, i vini italiani sono tra i più importati negli Stati Uniti che peraltro è anche il più grande mercato di consumatori al mondo. Cosa piace maggiormente al consumatore americano dei nostri vini?
Il vino piu’ importato negli Usa in assoluto e’ il Prosecco. E’ un vino italiano, ma e’ soprattutto un vino che noi definiamo “easy drinking”, che piace anche a chi non e’ un bevitore seriale o esperto. E’ fresco, frizzante, fruttato, leggero, versatile, e in piu’ e’ italiano. Dico in piu’ perche’ l’italianita’ e’ un sigillo di qualità nella mente della maggior parte dei consumatori americani. Questo e’ un asset che spesso noi stessi italiani ci dimentichiamo di avere e di sfruttare. Purtroppo, spesso, l’Italia la amano di piu’ gli stranieri, degli italiani stessi.
Lei si occupa di promozione, cosa consiglierebbe alle aziende italiane che vogliono lanciarsi sul mercato americano e quali sono le strategie che suggerirebbe loro per inserirsi nel modo piu’ corretto?
Questa e’ la domanda da un milione di dollari che mi fanno sempre. E come sempre rispondo che non c’e’ una ricetta preconfezionata, ma la carta vincente, a mio parere e’ puntare sulla propria unicita’. Chi approccia il mercato Usa deve calcolare che si mette in competizione con il mondo. Non con la provincia confinante, non con il parroco del campanile di fronte. Con il mondo. Quindi per farsi strada in un mercato come quello americano (estremamente competitivo) e’ necessario trovare un perche’: perche’ dovrebbero volere il mio Chianti e non quello delle altre centinaia di cantine che esportano lo stesso vino? Che cosa ho io di unico? Una volta individuato questo, bisogna comunicarlo nel modo giusto, con i canali giusti, alle persone giuste. Ma per questo ci sono io! Scherzo, ci sono i professionisti, come me.
La sua agenzia si occupa anche di addestramento e formazione. Quanto e’ importante per le aziende Italiane che si affacciano per la prima volta sul mercato americano addestrare e certificare il proprio personale, soprattutto quello addetto alle vendite?
Sento spesso dire da molti produttori italiani: “Una volta che il mio prodotto arriva sul mercato, il piu’ e’ fatto, poi si vende da solo”. Molti pensano erroneamente che l’ostacolo piu’ grande sia trovare l’importatore e aprire il canale di vendita. Ma quello e’ solo l’inizio. La grande sfida e’ avere una rete di persone capaci nella forza vendite, avere una rete di ambasciatori del proprio vino. Il personale deve innamorarsi dell’azienda, altrimenti non proporra’ il vino con sufficiente entusiasmo, non trasmettera’ l’unicita’ della cantina. Devono saper raccontare una storia, affascinare, esaltare le caratteristiche chiave del prodotto. Devono anche conoscere il mercato, i competitors, i prezzi medi dei prodotti simili o comparabili. In questo mercato l’informazione e l’educazione sono tutto.
Il pubblico Americano è sempre più appassionato per il vino Italiano ed è sempre più orientato verso il turismo enogastronomico, ama paradossalmente più i tour delle cantine piuttosto che i viaggi legati alle opere d’arte. E così come la mappa enologica Italiana continua sempre più ad ampliarsi anche la richiesta degli appassionati di vino pronti ad avventurarsi nei tour più inconsueti aumenta vertiginosamente. Secondo lei cosa ha generato questa “moda”? Cosa le richiedono ad esempio i suoi clienti?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo capire chi e’ il consumatore di vino “tipo” negli Stati Uniti. Anche se parlare di Stati Uniti e’ una forzatura, visto che ogni Stato e’ un mondo a parte, con profili sociali e statistiche diverse. Comunque, per semplificare, stando alle statistiche e’ la generazione tra i 25 e i 40 anni quella che consuma piu’ vino (e dal prezzo medio piu’ alto). Il consumatore tipo e’ benestante, laureato, in genere un professionista, ovvero con potere di acquistoe possibilità di viaggiare fuori all’ estero. E’ un fenomeno “nuovo” per gli Stati Uniti, dato che tradizionalmente non si e’ mai consumato vino, ma piuttosto birra, bibite o liquori. Quindi questi nuovi consumatori sono curiosi, desiderosi di vedere con i propri occhi dove questa bevanda a cui si sono appassionati (che e’ “piu’ cool” della birra, almeno in certi ambienti) viene prodotta e come. E in genere scelgono l’Italia perche’ possono unire l’ enogastronomia all’ arte, alla natura, in una vacanza sola.
Quali sono i Vini italiani che vengono più apprezzati dai consumatori americani?
Doveroso di nuovo premettere che il gusto americano non esiste, ma ogni Stato ha abitudini di consumo profondamente diverse. Se in Stati come la California e la Florida si consumano molto spumanti e vini bianchi(pensate al clima, al cibo, ai party), in altri Stati (come Washington State, New York, Massachusetts, Illinois) si prediligono ancora i rossi, in genere i classici: Amarone, Brunello di Montalcino, Barolo, Barbaresco. Ultimamente c’e’ una tendenza verso rossi piu’ leggeri, profumati e netti, come Etna Rosso o Nebbioli dell’Alto Piemonte.
Sempre per il fatto che le generazioni giovani sono quelle che guidano il mercato c’e’ in generale una ricerca di novità o di vitigni o vini “insoliti” per questo mercato: Ribolla Gialla, Pecorino, Trebbiano Spoletino, Lugana, sono alcuni esempi… E’ un discorso dalle mille sfaccettature, difficile da riassumere in poche righe.
Il grande vino del momento negli Usa e’ il rosato. I vini rosati stanno vivendo un boom di vendite negli ultimi 2-3 anni, dovuto anche all’ estrema versatilità di abbinamento con il cibo, alla facilita’ di beva, all’ appeal estetico e al fatto che la maggior parte dei consumatori di vino e’ donna. Dato da non sottovalutare per il futuro.
Difficile rispondere per una degustatrice di professione! Ho la fortuna di assaggiare davvero tantivini e il fascino di questo lavoro e’ che non si smettemai di imparare, di conoscere un nuovo vitigno, unanuova tecnica di produzione, una nuova cantina. Mi piace pensare che il mio preferito deve ancora arrivare, cosi’ resto in continua ricerca e tensione positiva.
Comunque amo i vini veri, puliti, quelli dove posso riconoscere sia i sentori di madre natura (dati dal vitigno), sia la mano dell’uomo (dalla tecnica di produzione), sia quella del tempo (data dalla maturazione, nda) e infine quella di Dio (data dall’ annata e dal terroir, nda ).
Un sogno nel cassetto che vorrebbe realizzare?
Un progetto che ho molto a cuore e’ la mia selezionepersonale di vini italiani per il mercato Usa. Uno deimomenti piu’ belli del mio lavoro e’ studiare il volto di chi assaggia per la prima volta un vino sconosciuto cheho proposto e coglierne la pura sorpresa ed estasi. In quel momento capisco che ho raggiunto il mioobiettivo: ho fatto conoscere attraverso i sensil’immensa bellezza della mia Italia. Vorrei farlo sularga scala. Questo e’ il mio sogno nel cassetto.
Spesso, l’Italia la amano di piu’ gli stranieri, degli italiani stessi, dice Laura Donadoni e su questo non posso che ampiamente concordare con lei. Ma non possiamo negare che molto e’ dovuto alle professionalita’ come quella di Laura, che il “brand Italia” lo promuovono con competenza e passione.Siamo noi Italiani, professionisti all’estero, che abbiamo il compito, non semplice, di promuovere e diffondere la conoscenza delle nostre eccellenze. Ma al contempo i produttori Italiani, gli operatori del settore,doverebbero saper capitalizzare e raccogliere i frutti di chi, come noi, diffonde la bellezza e la qualita’ del “brand Italia” in terre lontane dalla nostra.
A Laura auguriamo di realizzare il suo sogno nel cassetto ma, considerato i risultati gia’ ottenuti in pochissimi anni, non abbiamo difficolta’ nel credere che lo realizzera’ molto presto.
E dagli USA e’ tutto al momento. A presto con una nuova intervista.
Tiziana Ciacciofera Triolo